Una scoperta straordinaria
Questo è il primo di una serie di tre articoli che vogliono spiegare, in termini semplici, come è avvenuta la scoperta delle onde gravitazionali. Gli articoli successivi li potete trovare qui: …
Il 12 febbraio 2016, su Physical Review Letters veniva pubblicato un articolo, opera della collaborazione LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), che avrebbe suscitato enorme eco nel mondo scientifico e non solo. L’abstract (l’introduzione) dell’articolo esordiva così:
Il 14 settembre 2015, alle 09.50.45 UTC, i due apparati del Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory hanno rilevato contemporaneamente un segnale di onda gravitazionale.
L’articolo concludeva, dopo otto intense pagine di calcoli e spiegazioni, in questo modo:
Gli apparati di LIGO hanno osservato onde gravitazionali causate dalla fusione di due buchi neri di massa paragonabile a una stella. … Si tratta della prima rilevazione diretta di onde gravitazionali e la prima osservazione della fusione di due buchi neri.
Dopo quasi cento anni dalla teorizzazione, dovuta a Einstein, della Teoria della relatività generale che prevedeva l’esistenza delle onde gravitazionali, la prima vera identificazione, il primo vero rilevamento. La scoperta ha sancito la nascita di un nuovo modo di fare astronomia, che si affianca all’osservazione visiva dei corpi celesti e a all’esplorazione dell’universo attraverso onde elettromagnetiche, infrarossi, raggi gamma e radio che tanti successi ha mietuto in questi anni.
La teoria della relatività generale
Lo studio della gravità, la prima formalizzazione di una teoria, avvenne nel luglio del 1687 quando Isaac Newton pubblicò una delle più importanti opere scientifiche della storia, i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (I principi matematici della filosofia naturale). Conteneva un risultato fondamentale e rivoluzionario: le leggi fisiche che governavano il moto dei pianeti e delle stelle erano le stesse che amministravano e spiegavano anche la caduta dei gravi sulla Terra, il nostro piccolo mondo e le galassie erano guidate dallo stesso principio.
Questo principio era la Legge di gravitazione universale, la quale misura la forza con cui la Luna è attratta dalla Terra e questa dal Sole, spiega perché le stelle si sono ammassate nelle galassie e chiarisce perchè gli oggetti, sulla Terra e su tutti i corpi celesti, sono attratti verso il centro del pianeta.
Eppure questa immensa impresa dell’ingegno umano aveva un difetto, una imprecisione! La forza appare propagarsi istantaneamente: la presenza di una massa si diffonde in un lasso di non tempo in ogni direzione. Infatti, a un’osservazione più attenta, appare evidente che nell’equazione non compare il tempo, segno che la forza di gravità è sempre lì, da subito!
Questa anomalia, quasi due secoli e mezzo dopo, fu affrontata e superata da Albert Einstein, ma valicare l’ostacolo richiese di ripensare completamente la gravità: non più una forza ma una deformazione dello spazio (dello spazio e del tempo in verità), un’alterazione della geometria dell’universo che modifica quindi il moto dei corpi. Non più un’interazione a distanza tra due masse.
Einstein tra il 1915 e il 1916 propose un’equazione, l’equazione di campo, che spiega tutt’ora come la massa e l’energia presenti nell’Universo piegano e deformano la geometria dello spazio-tempo influenzando così le masse vicine.
Lo spazio è così dominato dalla massa (e dall’energia) che lo allungano, lo tirano, lo modificano dandogli una forma sempre differente.
Questa deformazione si propaga nello spazio, con ogni probabilità alla velocità della luce, come un onda che increspa con leggerezza, quasi teneramente, lo spazio. Come potrebbe fare un sassolino con la superficie di uno stagno. Portando nel vuoto cosmico un segnale, comunicando all’Universo la presenza di un corpo celeste, la sua esistenza ma anche il suo aspetto, le sue caratteristiche. È proprio questo messaggio, questo segnale, che hanno rilevato gli interferometri di LIGO il 14 settembre del 2015.